La psicologia del lavoro
In questo articolo si parla di psicologia del lavoro e delle organizzazioni, di comunicazione efficace, di interazioni tra colleghi, di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, delle competenze e degli strumenti dello psicologo consulente dei processi organizzativi e di alcuni segnali che potrebbero far richiedere il suo intervento al fine di migliorare il benessere lavorativo.
La psicologia del lavoro e delle organizzazioni è un ambito nel quale gli psicologi lavorano da circa un centinaio di anni, ancora prima che si occupassero di clinica e psicoterapia.
Uno dei primi psicologi ad offrire le proprie competenze agli imprenditori e alle aziende fu Agostino Gemelli che sin dai primi anni ‘20 del XX secolo cominciò ad occuparsi dei problemi della fatica, del lavoro a catena, del ritmo di lavoro e degli infortuni.
Anche Cesare Musatti, che negli anni ‘50 introdusse la psicoanalisi in Italia, si è occupato di come migliorare l’organizzazione del lavoro e i processi lavorativi per alcune aziende italiane.
Un’eccellenza dell’imprenditoria italiana è stata la Olivetti di Ivrea che sin dagli anni ’70 istituì internamente un centro di psicologia aziendale che si occupava della ricerca del personale, della formazione, dell’avanzamento delle carriere e del benessere lavorativo non solo del lavoratore, ma di tutto il sistema Territorio, comprese le famiglie.
Oggi il mondo del lavoro e delle aziende è molto cambiato, più complesso e ricco di aspetti critici, ai quali la psicologia può offrire metodi, strumenti e le competenze tipiche dello psicologo.
La psicologia del lavoro e delle organizzazioni può essere utile in un’ottica di miglioramento dell’organizzazione dei luoghi di lavoro e dunque del benessere dei lavoratori.
Dunque a cosa può servire la psicologia in azienda, e come lavora lo psicologo nelle organizzazioni?
La psicologia è la scienza che studia i processi mentali e i comportamenti delle persone. Si occupa di comunicazione, ruoli, interazioni, processi decisionali, dinamiche e comportamenti di gruppo, anche nei contesti organizzati come i luoghi di lavoro.
Con il termine “organizzazione” intendiamo un luogo dove le persone interagiscono tra di loro – secondo i loro specifici ruoli – al fine di realizzare l’obiettivo che è stato loro delegato, attraverso le opportune strategie. Questo vale genericamente sia per una piccola azienda a conduzione familiare, sia per una multinazionale.
Dunque parole come interazioni, comunicazione, processi decisionali, dinamiche di gruppo, ruoli, strategie, processi mentali e comportamenti sono sia oggetto di studio della psicologia, sia fenomeni che accadono in azienda.
Si potrebbe quasi affermare che il luogo di studio e di applicazione elettivo della psicologia sia proprio il mondo del lavoro.
Prendiamo in considerazione la comunicazione, che essendo un processo di interazione tra persone, nel contesto aziendale genera relazioni e ruoli.
Nelle organizzazioni la comunicazione svolge un ruolo fondamentale in quanto non solo veicola le informazioni relative a cosa dobbiamo fare, ma anche rispetto al come comportarci.
Questa doppia caratteristica della comunicazione, nei contesti lavorativi può generare criticità se non compresa e gestita efficacemente.
Infatti, un certo modo di comunicare può generare interazioni tipiche tra colleghi.
“Non posso fidarmi di nessuno, devo fare tutto io”
“Meno male che ci sono io!”
Chi fa affermazioni simili genera nei colleghi, spesso senza rendersene conto, un modo di comportarsi complementare tale per cui questi cominceranno ad avere un atteggiamento disimpegnato e apparentemente da “imboscati”, “tanto c’è lui che fa tutto!”.
Con il tempo, i colleghi potrebbero disinteressarsi sempre più al lavoro e alle mansioni, arrivando anche a fare e ad impegnarsi sempre meno, confermando che “c’è proprio bisogno di qualcuno che faccia tutto, altrimenti nessuno lo fa”.
Si è dunque creato un circolo vizioso che nel tempo diventa sempre più difficile da spezzare.
L’intervento di uno psicologo consulente dei processi organizzativi in questa situazione ha come finalità quella di rendere espliciti i ruoli e riorganizzarli verso interazioni più efficaci e produttive.
Altri esempi di comunicazione che genera effetti paradossali li possiamo trovare nella cosiddetta comunicazione interna, cioè quella che un’organizzazione dedica ai suoi dipendenti al fine di farli sentire parte di essa e aumentarne l’ingaggio in termini di impegno lavorativo (la cosiddetta “motivazione lavorativa”). Questo tipo di comunicazione è un aspetto troppo spesso sottovalutato dalle organizzazioni, soprattutto negli effetti paradossali che genera nei lavoratori.
“Dovete essere motivati!”
“Dovete aver voglia di lavorare!”
“Il lavoro deve essere un piacere!”
“Siate protagonisti!”
Sono esempi di comunicazione paradossale, perché obbligano ad avere un comportamento che ha come caratteristica la spontaneità, come la voglia o il piacere. Oppure, prescrivono un comportamento, essere motivato o sentirsi protagonista, non fornendo le istruzioni o gli strumenti per realizzare tali comportamenti. Dunque ognuno agirà secondo quanto crede sia meglio e adottando comportamenti spesso non desiderati o in conflitto con i colleghi e non in linea con gli obiettivi aziendali.
Inizialmente chi sentirà questi messaggi potrebbe sentirsi realmente spinto ad adottarli, ma a lungo andare creano sfiducia e sensazione di falsità in chi li ascolta.
Anche l’organizzazione interna dell’azienda può inficiare l’efficacia della comunicazione.
È il caso di quando “non so a chi devo dire le cose”, come segnalare mancanze, rischi lavorativi o pericoli, migliorie o risultati inattesi. Oppure, un messaggio importante non viene comunicato perché non si sa chi e come deve farlo.
Gli incidenti sui luoghi di lavoro spesso hanno la comunicazione tra i fattori generanti.
Da questi esempi appare chiaro come la comunicazione possa generare effetti sul modo di lavorare impattando sulla qualità del lavoro e sul benessere dei lavoratori.
Lo psicologo del lavoro, attraverso un approccio interazionista, può lavorare nei vari contesti organizzativi, da quelli più piccoli come un’attività a conduzione familiare a quelli più strutturati con diverse funzioni, reparti e ruoli come una piccola, media e grande impresa, occupandosi di vari aspetti della gestione dei processi organizzativi. Di seguito ne illustro i più salienti.
COMUNICAZIONE
Interna – quella rivolta ai dipendenti e collaboratori – e quella esterna, rivolta ai clienti e finalizzata alla promozione di prodotti e servizi (marketing).
SICUREZZA
Essendo un esperto di processo decisionali e comportamenti, lo psicologo del lavoro affianca le figure preposte alla sicurezza aziendale (DL, RSPP, RLS…) nella:
- gestione della sicurezza: i lavoratori spesso mettono in atto comportamenti che per abitudine, fretta, rischio sottovalutato, possono mettere a rischio la propria incolumità.
- valutazione e gestione dello stress lavoro – correlato.
GESTIONE DEL PERSONALE
Le competenze di valutazione e di misurazione anche attraverso opportuni test rendono lo psicologo il professionista più competente a:
- affiancare l’organizzazione nella ricerca e nella selezione del personale o nella ricollocazione di lavoratori presso altri ruoli;
- sostegno e consulenza per l’orientamento lavorativo e lo sviluppo delle carriere.
PROBLEM SOLVING
Lo psicologo è esperto di come si creano e si mantengono i problemi nei vari contesti delle interazioni umane, per cui può sostenere chi si occupa di organizzare il lavoro (datore di lavoro, direzione, capo reparto/ufficio) nel processo di ricerca delle soluzioni per risolvere qualche aspetto problematico nelle interazioni tra colleghi o nei processi lavorativi.
FORMAZIONE
La formazione, in tutte le sue modalità (in aula, coaching, esperienziale), è lo strumento che permette di aumentare le competenze di gestione dei ruoli lavorativi o aumentare le conoscenze relative a qualche tematica di particolare interesse (sicurezza, comunicazione, gestione conflitti…).
Lo psicologo affianca i responsabili delle risorse umane in tutte le fasi della gestione della formazione, dalla rilevazione del bisogno formativo dei lavoratori, alla realizzazione del progetto, sino alla conduzione in aula del processo formativo.
CONSULENZA
La consulenza è quel processo interattivo tra cliente (organizzazione) e consulente nel quale si definisce qual è il problema o l’aspetto nel quale si vuole intervenire.
Come si fa a capire che è in un’organizzazione è presente qualche aspetto critico che potrebbe far richiedere la consulenza di uno psicologo?
Ci sono alcuni indicatori che possono essere segnali della presenza di qualche problema nell’organizzazione, come ad esempio la presenza di numerosi infortuni o parecchie assenze del personale (permessi, malattia, aspettative, assenze ingiustificate). Anche un alto turnover, cioè licenziamenti o dimissioni volontarie in breve tempo e molto frequenti, possono indicare che un luogo di lavoro richiede delle caratteristiche di adattamento troppo alte o molto stressanti. Anche tante ore di ferie non godute possono essere un segnale che il personale fatica o è sottodimensionato, oppure lavora oltre l’orario ufficiale. Lamentele, procedimenti e sanzioni disciplinari sono il segnale che la comunicazione tra chi lavora e chi si occupa di organizzare il lavoro si è bloccata o irrigidita su posizioni da rivedere.
Anche alcuni repertori discorsivi ricorrenti possono essere segnali della presenza di qualche problema nell’organizzazione:
“… non so come gestire questo tipo di rapporto”
“…meno male che ci sono io, senza di me qui non funzionerebbe nulla…” oppure il contrario “tanto anche senza di me si va avanti lo stesso…”
“… per questo problema non posso/possiamo farci niente”
“… non so/sappiamo come gestire, rapportarmi/rapportarci con questa persona”
“… le mie/nostre comunicazioni hanno un risultato meno efficace rispetto all’impegno profuso”
“… non è chiaramente compreso il messaggio che vogliamo trasmettere”.
Riconoscere i segnali di malessere di un’organizzazione è importante per poter intervenire sugli aspetti critici e gestirli in un’ottica di miglioramento delle interazioni e della qualità del lavoro, anche ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori.
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